Cari amici, oggi ci divertiamo.
In questi giorni ho avuto fra le mani “La domenica lasciami
sola” di Simonetta Sciandivasci, un romanzo esilarante, gustoso, che
non vedo l’ora di regalare ad alcune mie compagne di
sventura, ossia a quelle tre anime in pena che ogni domenica pomeriggio o nel
corso di sciagurati sabato sera o, ancor più sfacciatamente!, in giornate insospettabili
come il martedì o il venerdì, sono costrette a scendere a patti con la passione per il calcio del proprio partner.
Una sorte grama, direte…. ma non troppo, come ci insegna l’autrice del romanzo
appena letto, una voce irriverente e
caustica che, con secchiate di scorticante ironia, per 236 pagine mi ha
risarcito di tutto il tempo speso a inseguire le altalene del campionato o della
Champions, e molto più dei mugugni e delle esultanze di un marito
“momentaneamente irraggiungibile” dal mondo esterno, me compresa.
L’ameno libro, edito dalla casa editrice Baldini&Castoldi,
è uscito la settimana scorsa, il 22 Ottobre. Quella di oggi sarà pertanto un’Infeltrita
DOC, fresca fresca di lettura.
Titolo: La domenica lasciami sola
Autore: Simonetta Sciandivasci
Casa editrice: Baldini&Castoldi
Collana: romanzi e racconti
Uscita: 22 Ottobre 2014
Numero di pagine: 240
ISBN: 9788868527518
Prezzo E-book: 6.99
Per acquistarlo: www.baldinicastoldi.it
“Cinque minuti di partita e mi sono già persa la cosa fondamentale: la porta. Non ho idea di dove debba segnare chi.
I maschi non sanno fare due cose contemporaneamente, ma i calciatori sì. Sono esseri dotati di un sovrannaturale senso dell’orientamento grazie al quale riescono a correre dentro lo stesso rettangolo per novanta minuti, inseguendo una palla e mantenendo inalterata la cognizione di destra e sinistra. Io, dopo due giri nella corsia dei detersivi al supermercato, recupero le abilità cognitivo-motorie solo in presenza di un avvocato. 1 a 0 per loro.”
L’Infeltrita
La domenica lasciami sola non è soltanto un titolo, ma una
dichiarazione di guerra a Rita Pavone.
Una sfida contro la più comune, umana, femminea reazione di una donna di fronte alla calcio-mania del proprio compagno: ehi ci sono anch’io,
portami con te, spiegami tutto, non mi abbandonare, dimmi che sono più
importante di un rigore. Guarda come sono brava a tifare. E con che piglio!
Uomo-donna-calcio: un triangolo da ridiscutere.
La protagonista del romanzo, che parla in prima persona, ha
deciso di smetterla con i piagnistei e con l’emulazione del maschio ad ogni
costo. Sa che il calcio le è estraneo e lo accetta, così come accetta di guardare
in solitario una partita per cercare di comprendere non tanto il funzionamento
del gioco, quanto piuttosto il gusto che in esso vi trovano gli uomini, o
meglio l’uomo di cui si è innamorata. Alessandro. Il quale, nella fattispecie,
ha preferito la partita a una cena con lei. E si è beccato il soprannome di
Baghdad, ovvero maschilista retrivo talebano.
La storia si svolge fra la finale di Champions (Atletico
Madrid vs Real Madrid) e i mondiali in Brasile, un tempo breve, necessario però
a partorire un’analisi spietata e
divertentissima che mette a confronto l’universo maschile e quello
femminile entrando nel cuore di ogni cliché
e smontandolo brano a brano. Linguaggi, atteggiamenti, reazioni e sogni fanno di
uomini e donne, mondi su orbite diverse.
Si incontreranno?
“Il calcio è la serra dei sogni irrealizzati dei maschi” non di tutti, ma di
molti.
Allo stesso modo le donne cullano un altro immaginario
favoloso, per esempio il matrimonio di Grace Kelly, strascico e pizzi: sogno
collettivo altrettanto radicato e altrettanto contestato dalla intellighèntzia un po’ snob e dal femminismo d’ogni tempo, grave e ortodosso.
Per parte sua, la protagonista rivendica il
diritto alla leggerezza. A non fare delle differenze di genere sempre e
solo una disquisizione sui massimi sistemi, ma a godere piuttosto del
privilegio di considerare oggi tale differenza un vantaggio.
Del resto, la
frivolezza è il pregio (non il limite!) di questo romanzo, che se ne serve come
antidoto alla superbia intellettuale, alla miopia di chi si priva del lato
scanzonato della vita, ma coltiva pregiudizi: tifoso = ignorante rozzo omuncolo.
La narrazione è un impasto di riflessioni cervellotiche e dialoghi
spassosi che sembrano stralci di copioni teatrali efficacissimi. I personaggi sono pochi e
tutti interagiscono con la protagonista e la sua vena ciarliera. C’è l’amica
antropologa, femminista di facciata. L’amico in crisi coniugale, consolato
dalla Playstation. L’amico saggio che spiega l’ABC del maschio medio a noi
donne rompiscatole e, in questo campo, analfabete. E c’è l’uomo perfetto.
Bello, creativo…e tifoso!
Non c’è un freno alla
penna di Simonetta Sciandivasci. Spudorata
e sincera quando afferma di non disdegnare un marito ricco, irriverente in un fanta-dialogo con Dio in
persona, arguta, pirotecnica nei giochi di parola, nelle
allusioni- citazioni- metafore & iperboli.
Mi è piaciuto lasciarmi scandalizzare da una voce narrante così
impertinente e poliedrica.
Nel romanzo i ruzzoloni sono continui – e si ride da pazzi,
proprio quando i “mentalismi” femminili producono equivoci, situazioni
esasperanti quanto comuni, disperazioni e ansie, nelle quali è impossibile non
riconoscersi - e non riconoscere almeno metà delle proprie amiche!
Perciò lo consiglio a loro, e non solo.
Perfetto per chi cerca una storia romantica, ma con poco zucchero e molto
vetriolo, insomma fuori dal cliché.
Per chi almeno una volta nella vita ha detto “non mi merita”:
Simonetta Scandivasci vi mostrerà che state sbagliando tutto.
Per chi ha bisogno di una risata.
Per chi non ha capito il fuorigioco e non lo imparerà con
questo romanzo.
Per chi non è d’accordo e vuole continuare a fare guerra al calcio,
ai calciatori e al tifo: vi piacerà da morire imprecare contro l’autrice e le
sue tesi.
Zoom
Cambiamo registro. Mi soffermo su un passaggio che mi ha colpito:
“Così
come il Natale comincia ormai a novembre, i Mondiali iniziano molto prima della
cerimonia d’apertura. Esattamente, quando le bandiere dell’Italia vengono
issate sui balconi di tre quarti dei condomini del Paese – e lì restano per
mesi, come certe lucine di Natale o come i cardi che infestano i palazzi
antichi dei paesini meridionali, sia che si vinca sia che si perda, a
dimostrare che la pigrizia italiana è la costante attesa di un avvento; la
consapevolezza dell’eterno ritorno dell’uguale…”
Una considerazione amara, in un contesto ironico. Un tocco
quasi impercettibile di lirismo - i cardi che spuntano nei palazzi antichi – e l’eleganza
è assicurata. Passa quasi inosservata, perciò è più preziosa.
Simonetta Sciandivasci è nata a Tricarico e ha trascorso la
sua adolescenza fra Matera e Ferrandina. Oggi scrive per Il Foglio, il Giornale, pagina99 e Donneuropa, vive a
Roma. Chissà se “i cardi che infestano i palazzi antichi dei paesini
meridionali” non siano la traccia della provincia verde-azzurra che ha segnato
la sua infanzia. Sapete bene che l’Infeltrita ha un debole per il lato umano
degli autori, per le loro storie e le loro radici, per questo si diverte a indovinare
il punto d’intersezione fra la vita e vera e la finzione...
Ma pensa! A me questo libro ha fatto proprio schifo.
RispondiEliminaIo mi sono divertita. In certi punti cercavo di prendere le distanze, ma di fatto non potevo smettere di riconoscere cose e situazioni vissute.
RispondiEliminaun libro a dir poco deludente, non lo consiglierei...
RispondiEliminaIo, in realtà, sono intenzionata a regalarlo per Natale ad alcune mie amiche, non so se lo apprezzeranno...vedremo.
EliminaCi sono elementi che mi fanno arrabbiare (da donna tutt'altro che tradizionalista e liberale), ma la leggerezza di fondo mi piace perché nel contesto, ironico e autoironico, ci sta. Mi piace la scrittura al vetriolo, i dialoghi, il non prendersi troppo sul serio e il non prendere troppo sul serio l'argomento...
Oh, mamma! Spero che le mie amiche mi conoscano così bene da non rischiare neanche di presentarsi, a Natale, con un libro del genere!
EliminaCara Laura, mi auguro anche io che tu non lo riceva a Natale, perché mi auguro che tu abbia scelto le giuste compagnie. Cordialità, Simonetta.
EliminaChe dire? Un libro può piacere e non piacere. Mi auguro davvero che differenze di gusti, punti di vista, idee persino, non stabiliscano il metro per valutare un'amicizia. Io non leggo e non amo Paolo Coelho, una persona a me molto vicina lo adora. Ci prendiamo reciprocamente in giro, ma non smettiamo di stimarci. Se reputassi offensivo regalare questo romanzo a qualcuno sottovaluterei la sua capacità di esprimere un giudizio che potrà essere anche pesantemente negativo...
RispondiEliminaCerto! Io ho fatto una battuta, eh.
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