Buon pomeriggio, lettori!
La settimana che scivola via
fra infinite piogge e cielo plumbeo ha messo a dura prova la mia attività di
lettura e scrittura. La scuola mi ha assorbito con i suoi consigli, collegi,
relazioni, tabulazioni e discussioni, rispedendomi a casa solo nel tardo
pomeriggio, di volta in volta con qualche dono inaspettato: ora il mal di
testa, ora una contusione frutto di un’improvvida scivolata dagli scalini dell’autobus,
ora il bisogno impellente di un bagno caldo in cui annegare fatiche e freddo.
Ad ogni modo, il fine settimana è
arrivato e con esso un po’ di riposo e la possibilità di ritornare a parlarvi
delle mie ultime letture.
Così finalmente posso presentarvi
“Come il rombo di una Harley” di Marianna
Acquaviva, edito da Progedit nella
collana “Iris” voci al femminile. La scrittrice è un’amica con cui ho condiviso
giochi d’infanzia, gite fuori porta in compagnia delle nostre sterminate famiglie e soprattutto l’esperienza caotica e liberatoria di certi
laboratori teatrali imbevuti di follia, specchio dei nostri vent’anni e di emozioni generose e potenti. Marianna
è laureata in lingue straniere, ma da qualche anno frequenta il mondo fiabesco
del cinema occupandosi di casting. Si è dedicata alla scrittura del primo
romanzo accarezzando il sogno che esso possa diventare un giorno una
sceneggiatura. Nel corso della presentazione del libro, lo scorso 30 Ottobre presso
l’Auditorium Musica d’Attracco di Monopoli (Ba), non ha nascosto il bisogno di
dedicarsi all’arte e il desiderio di essere un’artista continuando a scrivere. In
occasione dell’incontro letterario ho scattato alcune foto che vi riproporrò
qui sotto…contando sulla vostra pietà e infinita comprensione. Gli scatti non
sono il mio forte.
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L'autrice firma il mio autografo. Fotografia di Lorenzo Mastronardi |
Cominciamo dall’incipit, come
sempre, ma questa volta abbondiamo con un incipit-bis.
TITOLO: Come il rombo di una Harley
AUTORE: Marianna Acquaviva
CASA EDITRICE: Progedit
COLLANA: Iris
GENERE: romanzo sentimentale/formazione
DATA DI PUBBLICAZIONE: luglio 2014
NUMERO DI PAGINE: 204
CODICE: 978 88 6194 221 9
Incipit
“Sono Riccardo Bartolucci, ho trent’anni e vivo a Monopoli, un paese
soleggiato e bagnato dal cristallino mare Adriatico in provincia di Bari. Ho
due genitori premurosi, armando e Laura, e un fratello di sedici anni che si
chiama Davide, un piccolo genio con le guance paffute e tempestate di
lentiggini che vorrei staccare a morsi. Adoro mio fratello, è il regalo più
bello che mi abbiano fatto i miei genitori. Da quando c’è lui non mi sento più
solo. Forse un giorno i miei genitori non ci saranno più, ma lui sarà sempre
con me, sento di volergli un bene profondo. Lui legge un sacco ed è il primo
della classe e quando mi parla nel suo modo di esprimersi forbito ed elegante e
quella sua voce nasale da tenerone mi fa impazzire, me lo vorrei mangiare di
baci.”
Incipit-bis
“Sono Sara e oggi è il mio ventottesimo compleanno. Questa mattina
mentre ascoltavo Radiofriends, ho trovato sul cuscino questa riflessione
scritta da Riccardo che mi chiedeva di sviluppare le poche righe che aveva
scritto e di farne qualcosa di bello”
L’Infeltrita
Una storia d’amore è sempre storia
di mondi che si avvicinano. In questo caso, si tratta di due mondi
lontanissimi, la cui diversità produce scontri e deflagrazioni. Riccardo e
Sara.
Lui, lei e…l’Harley: la
motocicletta, che ha il nome pretenzioso di Lady Madonna, ha tutte le carte in
regola per diventare una rivale. Strumento di libertà per Riccardo, accesso a
un universo sconosciuto per Sara, che dovrà abituarsi a regole, linguaggi e
simboli in contrasto evidente con i suoi vestiti di seta e con quella mondanità
fatta di discoteche esclusive e cene formali.
Riccardo è un personaggio
introverso e umbratile, che ha bisogno di ritrovare fiducia nella vita e nelle
persone dopo un brutto incidente che lo ha ridotto in coma e da cui si è
ripreso faticosamente. Sara è una giovane donna sospesa tra l’adolescenza senza
fine e la vita adulta che la reclama con scelte, non sempre facili. L’uno e l’altra
attraverseranno esperienze dure: il tradimento, il rifiuto, le porte che si
chiudono in faccia a sogni lungamente covati, l’incomunicabilità.
“Come il rombo di una Harley”
racconta picchi e baratri di una relazione difficile e di un ancor più
difficile processo di maturazione.
I due protagonisti sono parte di
una costellazione di amici (motociclisti, ma non solo) con personalità molto
diverse che arricchiscono il romanzo di sfumature e caratteri. Filippo, faceto
e scurrile, Igor, motociclista-psichiatra dalla doppia vita, Margherita,
baronessa blasonata e poi baristi, harleysti raminghi e violenti, vescovi e
barboni. I personaggi secondari non sono una folla invadente né uno sfondo
incolore. La loro presenza contribuisce a far crescere la coppia. Fra tutti spicca
Fernando, un senzatetto, un po’ matto e molto onesto, autore di una lettera che
lascia al lettore un bel carico di insegnamenti su cui riflettere...
Il lessico è semplice e diretto,
i dialoghi frequenti e rapidi riproducono il parlato giovanile, non censurano
turpiloquio e battutacce, senza tuttavia esserne travolti. Tra motociclisti
sarebbe stonato “adirarsi” o anche solo “arrabbiarsi”. Riccardo e Sara s’incazzano
- e con impeto! – sin dai primi giorni della loro relazione. E volano piatti e
paroloni che è una bellezza!
La storia si nutre di scontri
verbali, gaffes e incomprensioni. E
Sara, che narra le vicende a distanza di un po’ di tempo, riesce a presentarle con
l’ironia di colui che guarda ormai le bufere da un porto sicuro e se la ride,
sano e salvo.
La voce narrante alleggerisce il
tragico, laddove si potrebbe addensare, con una vena comica che in certi
passaggi ricorda le scene di cabaret e il teatro degli equivoci.
Ripercorriamo luoghi e spazi del
sud barese, fra costa alta e spiagge punteggiate di locali, masserie che
diventano teatro di raduni per centauri e pub dove la birra scorre a fiotti. Interni
ed esterni si alternano come si alternano i paesaggi d’animo (opposti) dei due
protagonisti: la chiusura ermetica di Riccardo e l’apertura al mondo di Sara. L’ordine
e il disordine.
Lo scioglimento del romanzo è in
una figura retorica, la similitudine.
Ma come, direte, in che senso?
Non vi concedo lo spoileraggio estremo.
Il finale è del lettore. Non del recensore.
Un po’ di malinconia, in questa
lettura che mi riporta al un tempo in cui non c’erano i Social Network e l’unico
canale di comunicazione “sociale” fra innamorati distanti e sospirosi erano le
radio private e i programmi di dediche con cui la gioventù di paese si scambiava
emozioni e desideri, improperi e suppliche, sotto le orecchie attente di
coetanei e pettegoli.
Faccio un di campanilismo, per la
mia terra e la mia generazione raccontate con l’enfasi e con l’amore di chi ne
fa parte e ne condivide luci e ombre.
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Presentazione del romanzo: da sinistra l'editore Gino Dato la presentatrice Donatella Salviola, l'autrice Marianna Acquaviva |
Zoom
Riporto qui l’omaggio al teatro
che l’autrice ha voluto lasciare tra le righe, raccontando le esperienze di
Sara. È un brano che interseca il mio vissuto personale con particolare forza e
che mi ha emozionato:
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Dedica personale all'Infeltrita |
“Arrivò la sera dello spettacolo
conclusivo di fine laboratorio, eravamo tutti nervosi: gioia, eccitazione e la
paura fottutissima di sbagliare qualcosa che nasceva dal fatto che eravamo
tutti alla prima esperienza. Il mio maestro, nonché regista della compagnia, si
era appassionato tanto a questo esperimento di messa in scena di un reading
di poesia, aveva dato fiducia al nostro
gruppo con cui aveva lavorato, a suo dire, con ottimi risultati, al punto da
farci recitare in teatro accompagnati da una piccola orchestra di musicisti di
notevole spessore che suonava dal vivo accompagnando i versi con brani celebri
di Richard Galliano e Astor
Piazzolla”.
Che dire? Normalmente il lettore
cerca se stesso nei libri che legge, ma qui è vero ancora di più, perché sul palco ci sono anche io,
fuor di metafora, con i miei vent’anni e la paura di sbagliare, l’orchestra di
archi e il bandoneon, le poesie di Neruda e le danze spensierate.
Che nostalgia…
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