Oggi voglio affrontare un problema che mi frulla nella testa
da giorni, presentandosi sotto molte specie, camuffato, diretto, puro o diluito
in altre salse… e comunque sempre con un corollario di altre considerazioni a
seguire: esiste una Questione di Genere in letteratura? La letteratura è unisex
oppure parla in modo diverso a uomini e donne?
Tutto comincia quando, dovendo recensire “La domenicalasciami sola” ho esordito con un cari
lettori, immediatamente corretto in care
lettrici. Davo per scontato che il libro si rivolgesse alle donne, in
particolare alle “signorine” a cui più volte si appella la stessa autrice nel corso
del romanzo, non nascondendo, per altro, la tesi che maschi e femmine abbiano
linguaggi, gusti e atteggiamenti diversi. Persino a me è sembrato più giusto consigliare
il romanzo alle amiche, per quanto, a pensarci bene, qui e là abbia interessato
e divertito anche mio marito - che indiscutibilmente non si può definire una
signorina.
Ho iniziato a riflettere sull’esistenza di romanzi scritti
espressamente per coinvolgere un pubblico femminile e di altri che invece
sembrano parlare una lingua più familiare agli uomini. Ma non sono riuscita ad
individuare quegli ingredienti che in maniera inequivocabile riuscirebbero a
fare la differenza.
Per esempio, leggendo “Apoptosis”, l’esordio di Renato Mite,
potrebbe venirci in mente che alla base del romanzo vi sia una sensibilità
maschile: i protagonisti sono perlopiù maschi, le battute che si scambiano non
starebbero bene in bocca a una donna, lo scientismo e la passione per l’informatica
sembrano estranee all’universo femminile. Ma è vero? In giro per la Rete ci
accorgiamo che Apoptosis è stato letto e apprezzato soprattutto da lettrici. Ma
soprattutto in giro per le nostre facoltà universitarie ci accorgiamo che
eccellenti ricercatrici si muovono a proprio agio nel mondo della scienza e dei
circuiti. Certo, direte voi, non è una questione di interessi (interscambiabili
e asessuati) ma di sensibilità. Qui la questione si complica.
Calandoci più a fondo nella dimensione letteraria, notiamo
che spesso si cercano differenze e peculiarità di una scrittura femminile in
opposizione a una scrittura maschile. In altre parole, se l’autrice è una
donna, ma non lo sappiamo, potremmo comunque accorgercene, non certo da dettagli
stilistici sommari come l’abbondanza di aggettivi e avverbi o dalla scelta di
contenuti più o meno sentimentali e smielati - cadremmo nel pregiudizio e nei cliché! – ma dal tono di fondo, dal
punto di vista, dall’attenzione prestata ad alcuni dettagli che di fatto
sfuggirebbero a un occhi virile. Vi sarete resi conto, però, che anche quando
parliamo di “tono” e di “punto di vista” non cessiamo di restare sul vago. La
realtà è che non saprei individuare una formula esatta che identifichi una
penna femminile. Non so dire, per esempio, se un uomo avrebbe potuto scrivere i
racconti straordinari e immensi (lo so, sono poco obiettiva!) di Alice Munro o
se io avrei identificato in essi una voce femminile se qualcuno,
sottoponendomeli, avesse di proposito nascosto il nome dell’autore.
Mi domando e vi domando: quanto credibili sono gli scrittori
quando assumono il punto di vista di una donna? E il contrario? Una donna
riesce a costruire un personaggio maschile accettabile, il cui orizzonte
valoriale e comportamentale non sia filtrato dal proprio modo di percepire un
uomo?
Non so se sia una questione di genere o semplicemente di
cultura, di formazione, credo tuttavia che
l’esperienza di ciascuno schermi necessariamente il modo di
rappresentare un soggetto. Anche se compio uno sforzo sovrumano di
spersonalizzazione e racconto di un personaggio lontano anni luce dal mio
vissuto personale, in realtà, ciò che io sono ne determinerà la
rappresentazione. Emergerà comunque il mio modo di leggere l’altro, il diverso
da me.
A questo proposito non si può non menzionare un romanzo
molto bello che gioca deliberatamente sull’ambiguità uomo/donna. Parlo di
“Scritto sul corpo” di Jeanette Winterson, un libro che vorrei recensire al più
presto, ma che fa parte di quelle perle preziose che malauguratamente si decide
di prestare già sapendo che non torneranno indietro (con i libri è sempre così,
purtroppo).
L’autrice presenta tutti i personaggi con una precisa
caratterizzazione sessuale, ad eccezione della voce narrante, coprotagonista
della storia, della quale non sappiamo se sia uomo o donna e non riusciamo a
capirlo. All’inizio maturiamo una convinzione, poi la ribaltiamo del tutto,
ancora dopo siamo pronti a rimetterla in discussione. Insomma, se leggete il
romanzo senza sbirciare sul sito di IBS (che con grande leggerezza rivela
tutto) vi lascerete coinvolgere da un enigma interessante almeno quanto
l’intensa e tragica passione che vi si racconta. Secondo alcuni il messaggio da
trarre è che la passione non consce differenze di sesso, ma solo la profondità
dei sentimenti e la forza bruciante della carne. Per noi è invece l’esempio
lampante di come sia stata creata una voce che credibilmente potrebbe essere
attribuita sia a un uomo che a una donna.
“Scritto sul corpo” mi richiama alla mente “Che tu sia per
me il coltello” di David Grossman, un romanzo che ho amato di meno, ma che
racconta i meandri tortuosi di una passione attraverso le lettere, dapprima del
protagonista maschile e dopo della protagonista femminile. Il lettore si trova
di fronte a due voci, due sensibilità e due stili di scrittura molto diversi. Non
so, però, se tale diversità sia da ascrivere alla differenza di genere o
semplicemente alla diversità dei due
personaggi tout court. Anche nel caso
di Grossman non posso identificare un punto di vista maschile “assoluto”, anzi
il suo modo di scavare torbidamente all’interno di un sentimento potrebbe
piuttosto far pensare a quel genere di capriole mentali che di solito si
attribuiscono alle donne.
Molti altri esempi sovversivi mi sovvengono. Per esempio, le
scritture crude di Isabella Santacroce o di Viola di Grado hanno ben poco di
femminile (nel senso limitante e deteriore del termine).
La Questione di Genere si pone anche nella realizzazione di
un Blog. Quando ho iniziato a scrivere, l’ho fatto di getto senza preoccuparmi
del target a cui mi sarei rivolta. Non
ho cercato di figurarmi un pubblico ideale, ancor meno mi sono immaginata un
pubblico di sole donne. Anche se. Le statistiche parlano chiaro. Leggono e mi
leggono soprattutto le donne. E la gran parte dei Blog (alcuni bellissimi davvero)
che frequento e che si occupano di libri sono gestiti da donne e si rivolgono
preferenzialmente a loro. Perciò adesso mi capita sempre più spesso, quando sto
per pubblicare un articolo, di fermarmi un attimo a riflettere domandandomi se
davvero quanto ho scritto possa interessare davvero tutti oppure se, in fondo,
lentamente e gradatamente io stia virando verso la “scrittura di genere”,
qualunque cosa essa sia.
Un libro che recensirò a breve, di una mia concittadina e
amica cara, Marianna Acquaviva, “Come il rombo di una Harley” è stato
pubblicato, per esempio, dalla casa editrice Progedit in una collana di nome
Iris dedicata appunto alla “scrittura al femminile”, ossia composta da voci
femminili che verosimilmente si rivolgono ad altre donne. Di fatto, però, il
romanzo in questione ha avuto un pubblico unisex e, per sua fortuna, non
potrebbe essere diversamente. Che sia una semplificazione editoriale?
Pubblicare per donne o per uomini? Non so dirlo.
E allora, come concludiamo?
Esiste o no una scrittura femminile diversa da una scrittura maschile?
Io credo di no. Credo che esistano sensibilità e modi di
essere differenti che prescindano dal genere e che rendano la faccenda dello
stile e della scrittura molto più complessa di quanto possa sembrare. Voi
che ne dite?
Io credo che l'autore non può prescindere da se stesso, quindi parte di sé entra nelle sue parole, ma il genere credo che sia l'ultima cosa e forse bisognerebbe mettercela a forza per renderla evidente. Credo più verosimile che per le donne sia più facile descrivere donne e viceversa.
RispondiEliminaQuanto a professionalità poi, le donne hanno tutte le carte in regola, notizia dell'altro giorno è che la Dottoressa Fabiola Gianotti sarà il prossimo direttore del CERN.
Ti ringrazio per aver portato ad esempio anche il mio libro, a proposito ti confesso che ho sempre avuto un po' il timore di fare delle protagoniste femminili dei cliché finendo per offendere le donne, ma come dici il libro è stato apprezzato anche dalle lettrici e questo mi ha rincuorato. Non adoro il linguaggio volgare e quel poco che c'è l'ho inserito per dare realtà alla storia. Ho rimurginato parecchio sul modo in cui Liz poteva mandare a quel paese Matthew, ma alla fine ho deciso che la parolaccia doveva esserci, Liz è una ragazza dal carattere volitivo e probabilmente non usando quella parola ne avrei fatto un cliché.
Grazie Renato, mi fa piacere che sia qui che sulla pagina Facebook ci siano stati i commenti proprio di alcuni fra gli autori recensiti. Tali contributi servono a noi lettori per capire quanto rappresentare personaggi dell'altro sesso possa costituire una sfida per l'autore. Tempo fa leggevo che spesso gli uomini non frequentano libri di scrittrici o comunque lo facciano in misura minore di quanto non accada alle lettrici che, invece, non fanno distinzione tra scrittore o scrittrice e leggono in egual misura sia le une che gli altri. Non ho strumenti per verificare l'attendibilità di questi dati, ma mi fa piacere sollevare la questione e proporla qui.
EliminaOra che mi ci fai pensare, come lettore sono orientato a leggere scrittori anziché scrittrici, a meno che la loro storia sia di un genere che mi affascina come i medical thriller di Patricia Cornwell (i romanzi con Kay Scarpetta) o il giallo (Agatha Christie o, recentemente, "Biglietto di sola andata" di Annamaria Fassio). Però c'è anche l'eccezione alla regola: ho letto "Sensibilité" di Camilla Cortese, all'inizio non avevo inteso che fosse un romanzo con un'impronta erotica ma parla molto delle emozioni femminili e per questo mi è piaciuto, la mia recensione è su Goodreads o Anobii se vuoi leggerla.
EliminaGrazie, leggerò la recensione. Posso chiederti come mai leggi preferenzialmente (anche se involontariamente/inconsciamente) scrittori più che scrittrici? Perché rispecchiano maggiormente il tuo punto di vista, il tuo linguaggio, i tuoi modi di essere? E' interessante per me capire i meccanismi che stanno alla base di questa scelta. Spesso a me capita di leggere scrittrici con l'intento di trovare rispecchiamenti, scrittori con maggiore distacco.
EliminaCredo si tratti essenzialmente di una questione di genere letterario e non sessuale, non valuto mai un libro dal nome dell'autore, valuto se la storia possa piacermi oppure no, e questo di solito esclude la maggior parte di libri scritti da donne perché tendono verso commedie romantiche o simili. Non è una questione di pregiudizio, perché sento di avere una certa vena romantica e credo sia trapelata un po' anche nel mio libro. Più che altro credo sia una questione di percezione diversa, forse a livello cerebrale; sono fermamente convinto che gli uomini e le donne percepiscano le emozioni e i sentimenti in maniera differente. Per farti un esempio, ho trovato molto romantica una scena del film "A beautiful mind" che per una donna potrebbe sembrare insulsa, la scena è più o meno questa: lui e lei stanno facendo un pic-nic e lui, con la sua logica da matematico pensatore, dice che stanno seguendo un iter sociale solo per arrivare ad un rapporto sessuale, lei a quel punto lo bacia, facendogli capire che c'è un amore fatto di piccoli gesti ma dal grande valore affettivo. Spero di essere stato chiaro. Se hai visto il film, fammi sapere cosa pensi tu di quella scena.
EliminaScusa il ritardo, avevo letto il tuo commento in auto riservandomi di rispondere a casa. E niente, poi sono crollata sul divano e mi si è spenta ogni facoltà intellettiva. Ma recupero oggi. Condivido quello che scrivi, al punto che ritrovo nel tuo comportamento il mio ed è il motivo per cui alcuni generi sono da me poco frequentati (ammetto, tuttavia, che così facendo mi precludo letture che potrebbero comunque piacermi). Ricordo bene la scena del film che riporti e la considero bella. Tuttavia non sempre è la diversità di genere a determinare un diverso modo di percepire il sentimento e il romanticismo. Credo si tratti del carattere, della cultura, della formazione, della personalità in senso lato. La sensibilità femminile diversa da quella maschile è spesso un prodotto/condizionamento culturale...in certi casi più evidente, in altri meno.
EliminaCiao, mi fa piacere essere capitata qua ed aver trovato questo post, fonte di interessanti riflessioni. Tra i libri che hai citato, confermo lo splendido occultamento di genere in "Scritto sul corpo", ove, appunto, l'autrice non rende mai palese il sesso a cui appartiene la voce narrante. Penso anche a scrittrici quali Emily Bronte (scusate l'omissione di dieresi sulla "e" finale) e Virginia Woolf, nei cui scritti non ho trovato impronta marcata di mano femminile.
RispondiEliminaE' interessante anche la questione che hai sollevato sulla scelta, da parte dei lettori di sesso maschile (ma non tutti, ovviamente), orientata su scrittori a discapito di scrittrici. Ci sarebbe da chiedersi il motivo, nei casi in cui ciò avviene: mi auguro non sia il frutto dell'atavica eredità, fatta di credenze e convinzioni legate al genere femminile, che l'uomo si trascina, più o meno inconsciamente, da sempre.
Ciao Lisa, grazie per il tuo contributo... con questo articolo volevo sollevare interrogativi e mettere insieme più punti di vista (maschili e femminili) anche se non ho delle risposte chiare e (mea culpa!) non ho approfondito studi in merito. Ritengo però che insieme si possano costruire delle interpretazioni condivise o, perlomeno, fermarsi a riflettere su questioni che normalmente resterebbero sottotraccia...
EliminaIo ho notato, invece, che il mio blog è letto più dagli uomini.
RispondiEliminaStrano, forse, perché si dice che leggano di più le donne...
Un altro aspetto interessante della questione di genere in letteratura è come i personaggi maschili vengono dipinti da autrici femminili e viceversa. Spesso mi sono trovata di fronte a personaggi dalla mentalità poco credibile (penso a Rosa candida di Audur Ava Ólafsdóttir, ma i casi che ho avuto sotto mano sono diversi) e mi chiedevo se fosse più difficile per il genere femminile immedesimarsi in quello maschile senza cadere in stereotipi.
Sicuramente sarà necessario avere numeri più grandi su cui fare una statistica migliore.
Sì, hai ragione. Ho letto molti articoli in proposito, ma non saprei dire su quale campione siano state fatte le indagini...
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