Titolo: Solo in apparenza
Sottotitolo: Un’indagine del dottor Bellati
Autore: Vinci Formica
Editore: Libro/mania gruppo DeAgostini
Pubblicazione: giugno 2014
Pagine: 151
Genere: giallo
Formato: e-book
IBSN: 9788898562466
Costo: 3,99
E-book disponibile
in formato Epub e Mobi su:
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Ecco a voi Milano e un dentista. Non me ne voglia Saba (ndr Trieste e una donna)
Ho appena terminato la lettura di Solo in apparenza.
Un’indagine del dottor Bellati che, con gentilezza ed entusiasmo, mi è stato
offerto dalla sua autrice, Vinci Formica. Ve la presento: è nata a Milano dove vive e lavora, si è laureata in Lettere Moderne e collabora con la pagina culturale del quotidiano Il Cittadino di Lodi.
Il suo è un giallo godibilissimo che per tre giorni mi ha condotto
lungo le strade affollate di Milano, dai Navigli punteggiati di insegne
all’imbrunire, sotto la nebbia fitta, ai ristoranti di Brera fra musica jazz
e cene raffinate, dall’hinterland disadorno e operoso al condominio elegante del
QT8, che è un quartiere a misura d’uomo ricco di verde. Un quartiere residenziale
abitato da gente per bene. Un quartiere
tranquillo - ma non troppo!- dove, una sera come tante, urla disperate
annunciano la scoperta di un cadavere: è, anzi era, il mastodontico Ingegner
Garlassi, imprenditore capace e generoso, da tutti stimato, eppure
subdolamente assassinato.
Indaga il dottor Bellati.
Chi è il dottor Bellati? Non è un commissario, come ci si
aspetterebbe.
Qui “dottor” sta proprio per dottore. Cioè medico. Più
precisamente dentista.
Poco oltre i quaranta, piacente, amante dei ritmi rilassati,
della buona tavola, delle giovani donne senza troppe aspettative (ok, forse
quest'ultimo attributo è frutto della mia fantasia, ma d’altronde il lettore
collabora con l’autore a dare senso e significato al testo e io il signor dentista me lo
immagino fortemente affetto dalla sindrome di Peter Pan), Alberto Bellati è pieno
di garbo, ma curioso. Diciamo pure ficcanaso.
Il ritratto annuncia una presenza che potrebbe diventare con
facilità familiare al lettore, e magari l’autrice sta già pensando ad altre
indagini, altri casi, a una serie.
Incipit
“Alberto mise giù la cornetta senza capire l’ultima frase. D’altra
parte non era compito suo occuparsene e non aveva diritto a sapere altro. Poco
più di dieci giorni e il gioco era finito.”
L’infeltrita
Il cuore della narrazione, un enigma: tre sospettati, tre
moventi indiscutibili, tre indiscutibili alibi.
Chi indaga? Ufficialmente il commissario Massimo Ponte, di
fatto – e sottotraccia – il dottor Alberto Bellati, il dentista del settimo
piano, proprio sopra quello in cui si è consumato il delitto Garlassi. Dieci giorni
per la soluzione. La narrazione, dopo il prologo (che tuttavia è un
quasi-epilogo), ci porta indietro a ripercorrerli dall'inizio, a partire da una sera d'inverno in un condominio come tanti.
Quella di Bellati sarà un’indagine deontologicamente
scorretta perché frutto di curiosità, un “gioco”, come dice lo stesso Alberto,
intrigato dall’evento insolito e al contempo turbato dalla realtà del mondo
esterno che lo assedia, con le sue luci e le sue ombre, prossima e perentoria.
Alberto Bellati gioca a fare il detective ma, pian piano,
passa dalla leggerezza del curioso (che lo accomuna agli altri condomini indiscreti) alla
gravità di chi, tolto il velo alle apparenze, smaschera la realtà cruda e fronteggia la miseria umana che ogni delitto si porta dietro.
Cresce il nostro dentista, dopo il suo primo caso.
Perché mi è piaciuto
Nei gialli amo poco l’intreccio in sé, lo sapete dalle mie
idiosincrasie verso Agatha Christie, ma apprezzo la cornice, l’ambiente, i luoghi, la
società - il milieu, si diceva un
tempo - i personaggi che vi si muovono perfettamente incastrati.
E poi, ad Alberto Bellati ci si affeziona! Col suo “amore
per una città che, pur con tutti i suoi difetti, sapeva essere il crocevia del
nuovo, l’anticamera del futuro imminente e che sapeva far sentire, anche in
mezzo alla folla, il senso di libertà e di indipendenza” il dottor Bellati
riflette Milano e il suo spirito, la solitudine gratificante e appetibile. Si
piace e ci piace.
Ci si affeziona alle donne che ruotano intorno a lui, dalla giovane moglie della vittima, Monica Garlassi, alla bella Valentina,
l’ultima conquista di Bellati, passando per la segretaria Simona, metodica e
nervosa, ma inaspettatamente esperta di PC, Internet e reti. E alla storia. Ci si affeziona alla storia che s'interrompe bruscamente, sciolti i nodi, e di cui si vorrebbe...un'appendice, una chiosa, una postilla, qualche parola ancora. Per spiare i personaggi ancora un poco nella tranquillità ricomposta.
A me è piaciuto perdermi per la grande metropoli, che conosco poco e di cui mi sono sentita parte. E così, arrivare alla fine è stato un po' come mettere fine a un viaggio, ritornare a casa dopo una gita.
A chi lo consiglio?
A chi ama il giallo, la lettura scorrevole, lo stile veloce, il lessico puntuale, l'attenzione ai luoghi. A chi ha voglia di una voce nuova. A chi ama avere il fiato sospeso fino all’ultima
pagina e a chi è sempre un po' triste quando all'ultima pagina ci arriva.
E a chi ama Milano (o a chi , come me, non la conosce abbastanza.)
Concordo: una lettura assolutamente piacevole e una lingua inappuntabile. Anche a me è piaciuta la capacità dell'autrice di farci vivere Milano attraverso le vicende dei suoi personaggi.
RispondiEliminaMi fa piacere incontrare un'altra lettrice e scoprire che siamo rimaste colpite dagli stessi aspetti del romanzo. Leggere è un'esperienza che si fa in solitudine, ma è bello poi trovare spazi e occasioni per metterla in comune, condividerla con altri, in un certo senso "aumentarla"...
EliminaInnanzitutto un grazie per la lettura puntale e per la recensione! Hai interpretato perfettamente lo spirito del romanzo e hai colto le sfumature dei personaggi... Vorrei aggiungere che sono perfettamente d'accordo con te quando dici "d’altronde il lettore collabora con l’autore a dare senso e significato al testo": è esattamente quello che penso. Per uno scrittore una delle più grandi soddisfazioni è avere un lettore che va oltre quello che ha scritto, che "sovrainterpreta" nel senso positivo del termine, cioè, in soldoni, che ci mette del proprio. Non avevo pensato ad Alberto come a un Peter Pan: ma hai ragione, è proprio così! Mi è piaciuta molto la frase "Si vorrebbe... un'appendice, una chiosa, una postilla, qualche parola ancora. Per spiare i personaggi ancora un poco nella tranquillità ricomposta". Quando scrivo un romanzo, alla fine lascio sempre la porta aperta sulla storia: perché il lettore possa entrare in casa e accomodarsi in un angolino tutto suo... Vinci Formica
RispondiEliminaGrazie a te! Io auguro al romanzo tanti lettori e, chissà, magari un seguito, altre indagini e nuove storie...
EliminaLa" porta aperta" che tu lasci al lettore è forse quell'ingrediente che serve a distinguere un libro che arricchisce l'immaginazione da uno che la affatica o la ignora. Insomma, un libro piacevole (come dice anche Marisa Salbelle) da uno noioso...
Lunga vita al dottor Bellati!